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Filippo Foti
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"Giornata Mondiale dell’Acqua (World Water Day)" un monito per l'occidente!

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view post Posted on 25/3/2012, 11:28     +1   -1
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Amiamo e rispettiamo Madre Natura
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A quasi un anno dal referendum in cui gli italiani hanno detto no alla privatizzazione dell’acqua, si ritorna a parlare di acqua.

In Italia si ironizza facendo però sul serio!

In questi giorni che hanno preceduto ed accompagnato la "Giornata Mondiale dell’Acqua", abbiamo letto ed ascoltato diversi titoli di commenti, tipo:
Nuovo studio con il WWF: su 405 fiumi del mondo, 201 in scarsità d’acqua;
Acqua: l'oro blu del mondo scatena conflitti e liberalizzazioni;
Acqua in bottiglia: Italia terza nel mondo per consumi;
Un miliardo di persone senza acqua potabile ;
Acqua, Unicef: 783 milioni di persone non hanno accesso all'oro blu;
Fao. Al mondo manca l’acqua per il nostro fabbisogno di cibo;
Giornata dell’Acqua, “il pianeta ha sete perché il mondo ha fame”;
“Otto fiumi infiammeranno il mondo”: gli Usa temono le guerre dell’acqua.


Ma apriamo una curiosa parentesi: il 24 novembre 2011 il "Daily Mail" intitolava:
'Our water is polluted - and it's turning us gay': Mayor's bizarre outburst over town's supply ("La nostra acqua è inquinata e fa diventare gay": strano sfogo del sindaco per l'approvvigionamento in città.
Ma si trattò di una bufala che però per alcune settimane fece il giro del mondo.

Jose Benitez, sindaco di Huarmey

Tutto ebbe inizio nell'anno 2000, quando una televisione peruviana annunciò che lo stronzio era stato responsabile della “conversione” in perfetti omosessuali di ben 14.000 ignari cittadini maschi di Tabalosos, un distretto della provincia di Lamas in Perù.
Mai nulla di più falso è stato raccontato in questi ultimi anni e nessuna ricerca scientifica ha mai parlato di interferenze dello stronzio nel comportamento sessuale degli individui.

Robert Rodriguez Castro


Si scomodò anche Robert Rodriguez Castro, un professore universitario di Lima, che poi ha spiegato, ridimensionando la teoria di Jose Benitez, sindaco di Huarmey, cittadina costiera del Perù, che gli alti livelli di stronzio possono creare davvero dei problemi, come cancro osseo o complicanze cardiovascolari, ma non certo l’omosessualità.

Questa notizia, a dir poco curiosa, ci serve come assist per ricordare a tutti noi stessi quanto questo bene prezioso della natura sia importante conservarlo e farlo crescere nel nostro pianeta e quanto sia importante avere garantita l'acqua veramente potabile nelle nostre abitazioni.

Il 22 marzo, si è festeggiata dunque la Giornata Mondiale dell’Acqua (World Water Day), istituita dalle Nazioni Unite nel 1992 per riflettere su un tema delicato come l’accessibilità alle risorse idriche.
Dal 19 al 25 marzo 2012, in concomitanza con la Giornata Mondiale dell’Acqua, l'associazione "LVIA" ha organizzato una settimana dedicata al diritto all’Acqua con iniziative culturali e raccolta fondi in varie regioni d’Italia.

In questo weekend l'associazione presieduta da Alessandro Bobba ha infatti organizzato nelle piazze di Cuneo e provincia, dei banchetti allestiti dai volontari LVIA dove sarà possibile acquistare i Cactus e contribuire al diritto all’acqua per le comunità africane. I banchetti saranno allestiti a Cuneo (via Roma, Corso Dante, Centri commerciali COOP e la Grand'A), Borgo San Dalmazzo, Busca, Caraglio, Dronero, Fossano, Robilante, Saluzzo, Savigliano, Cerialdo, Beinette, Boves. Sul sito www.lvia.it è possibile trovare informazioni circa luoghi e orari. Fino sd oggi 25 marzo, a Cuneo saranno organizzate delle proiezioni del film-documentario “The Well - Voci d'acqua dall'Etiopia”: realizzato da Riccardo Russo, Paolo Barberi e Mario Michelini, prodotto da “Esplorare la Metropoli” con la collaborazione della LVIA, racconta l'esperienza dei pozzi Borana e della gestione partecipata delle risorse idriche in una delle regioni più aride della terra.

Donne di Borana


Al confine tra Etiopia e Kenya, i pastori Borana utilizzano da secoli l’acqua dei pozzi scavati a mano per dissetare le mandrie e per il consumo umano. La gestione dei pozzi è regolata sapientemente dalle istituzioni tradizionali che definiscono chi può accedervi e in che ordine, rispettando l’equilibrio tra necessità umana e preservazione dell’ecosistema naturale.
Un sistema che oggi è messo in pericolo dal cambiamento climatico. Il documentario è stato premiato in diversi Festival internazionali.

Pozzi centenari conosciuti come "Pozzi cantanti", scavati a mano nella roccia e mantenuti attraverso una precisa condivisione di lavoro volontario permettono la sopravvivenza di questa popolazione e della loro unica risorsa, il bestiame, nei lunghi periodi di siccità annuale. Lunghe catene umane raggiungono le profondità dei pozzi portando l'acqua in superficie e il loro lavoro è scandito da un canto che emerge e si diffonde nell'aria.


Questa canzone descrive l'importanza del bestiame in una zona semi desertica di una comunità pastorale di Borana.

Abbiamo letto su "Blitz quotidiano": se in Italia fortunatamente l'acqua ancora non è diventato un problema, il nemico numero uno degli Stati Uniti è l’acqua. O meglio, le guerre innescate dall’acqua. Commissionato un anno fa dal segretario di Stato Hillary Clinton, uno studio sui possibili conflitti innescati dall’acqua conferma: fra un decennio inondazioni e carestie porteranno al collasso molti Stati.


Il documento è stato diffuso in coincidenza con il lancio della “Water Partnership”, iniziativa con cui l’amministrazione Obama intende creare una rete di cooperazione fra governo, Ong e privati per prevenire il peggio.

I rischi per il terzo decennio del Ventunesimo secolo, sottolinea il documento, sono che “inondazioni, carenza o qualità bassa di acqua dolce combinata con povertà, tensioni sociali, leadership e governi deboli contribuiranno ad un’instabilità che può portare al collasso di numerosi Stati” con il risultato di “esacerbare le tensioni regionali e distrarre le nazioni dalla cooperazione con gli Stati Uniti su importanti obiettivi politici”.

Secondo il segretario di Stato Clinton si tratta di "minacce reali che sollevano seri timori per la sicurezza" e devono essere affrontate ora nel tentativo di dare delle risposte efficaci nei dieci anni di tempo che la comunità internazionale ha a disposizione per evitare il peggio.

Le aree più a rischio crisi, secondo il rapporto, sono Nord Africa, Medio Oriente e Asia del Sud.
In queste zone ci sono otto fiumi le cui “acque nei prossimi anni saranno usate come leva di potere per affermare interessi nazionali, al pari di un’arma in mano a eserciti o gruppi terroristi”. Gli otto fiumi si trovano in “nazioni che sono destinate ad essere più potenti di quelle dove scorrono i loro corsi”.

Nilo

Spiega Maurizio Molinari sulla Stampa: “Il primo fiume indicato è il Niloperché l’Egitto, in crescita demografica esponenziale, è destinato a dipendere sempre di più dall’acqua che trasporta, originandosi dal Lago Vittoria fra Kenya e Tanzania e dal Lago Tana in Etiopia, per poi attraversare il Sudan con cui vi sono molteplici contenziosi aperti.

Le potenziali tensioni fra Khartoum e Il Cairo sembrano essere quelle che preoccupano di più l’intelligence Usa, al pari di quelle fra Turchia e Iraq a causa di Tigri ed Eufrate, i due grandi corsi d’acqua che dall’Antica Mesopotamia hanno sempre segnato gli equilibri di potere in Medio Oriente e potrebbero assicurare ad Ankara, che ne controlla le sorgenti, un ruolo di potenza egemone su un’area del mondo arabo che si estende dalla Siria fino al Kuwait”.

Giordano


“L’altro fiume ad alto rischio in Medio Oriente è il Giordano, che si origina dalle Alture del Golan al centro del contenzioso fra Israele e Siria, scorrendo poi lungo il confine fra Stato ebraico e Giordania attraverso i territori sui quali potrebbe sorgere lo Stato palestinese.

La scarsità di acqua potabile in questa regione, evidenziata dal livello in costante discesa del Lago di Tiberiade e del Mar Morto, lascia intendere che proprio la suddivisione delle risorse del Giordano potrebbe innescare futuri conflitti fra Gerusalemme, Amman e Ramallah”.

“Riguardo agli scenari delle potenziali guerre dell’acqua nell’Asia del Sud ciò che colpisce è come i tre grandi fiumi considerati – Mekong, Indo e Brahmaputra - si origino tutti dall’altopiano del Tibet, una regione della Cina già oggetto di tensioni per motivi etnici e religiosi. Controllare le fonti da dove i tre fiumi provengono trasforma il Tibet – al momento sotto controllo di Pechino – nell’area di maggiore rilievo strategico.

Il Mekong potrebbe però innescare conflitti anche fra i Paesi dell’Indocina che attraversa – Birmania, Cambogia, Laos, Thailandia e Vietnam – perché sono quelli più proiettati verso una crescita molto concorrenziale soprattutto per quanto riguarda le materie prime. L’Indo e il Brahmaputra invece legano a doppio filo le risorse idriche rispettivamente di Pakistan, India e Bangladesh ad acque che arrivano dall’attuale Cina.

Amudarya

L’ultimo degli otto fiumi “ad alto rischio” è l’Amudarya che nasce in Tagikistan e alimenta, direttamente o meno, le acque di Turkmenistan, Uzbekistan e Afghanistan in proporzione tale da diventare cruciale al fabbisogno idrico di una regione-crocevia degli equilibri energetici del Pianeta. ”Per scongiurare il peggio abbiamo bisogno di una partnership sull’acqua – ha detto Hillary Clinton concludendo l’intervento a Washington – per disegnare la rotta verso un mondo dove non si debba mai morire per bere”.


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